La pandemia ancora in corso, ma che pare destinata in tempi brevi a ridurre notevolmente i propri effetti, ha costretto tutti a una profonda riflessione.
Molti imprenditori hanno dovuto constatare che la propria azienda era incapace di adattarsi a rapidi cambiamenti, che la cultura organizzativa su cui era fondata era inadeguata ai tempi nuovi che abbiamo affrontato e che affronteremo.
Il Covid-19 sta accelerando un cambiamento che però è in atto già da tempo: le aziende più avanzate stavano già adeguandosi alla nuova realtà.
L’introduzione del lavoro da remoto, dove il controllo “fisico” dei propri dipendenti non è possibile ma invece è necessario dare loro fiducia e obiettivi chiari, ha messo in luce l’inadeguatezza dei processi e degli strumenti applicati da moltissime aziende: assenza di obiettivi misurabili, di procedure chiare, di strumenti di monitoraggio della performance, anche di base, poca strumentazione tecnologica e assenza di formazione, mancanza di competenze nel management per il controllo e la gestione delle proprie risorse umane.
Le aziende hanno seguito per decenni un modello organizzativo basato sul controllo costante delle unità lavorative e su mansioni poco qualificate e ripetitive.
Un modello che ha mostrato di non poter continuare ad essere applicato da aziende che vogliono crescere, perché gli sforzi del “capo”, per quanto grandi, non possono competere con un impegno integrato e coordinato che coinvolga tutte le persone che svolgono un ruolo in azienda.
Nel dopo pandemia la divaricazione tra essere “impresa in crescita” e “impresa statica” sarà sempre più profonda: il dopo COVID presenterà, per chi saprà coglierle, notevoli occasioni di sviluppo, ma sarà fondamentale abbandonare concetti obsoleti che ormai hanno cessato la propria utilità.
Secondo una ricerca di CERVED GROUP, le aziende con il maggior tasso di crescita investono il 73% in più sulla formazione.
Già oggi sono in aumento le aziende che si interessano di rinnovare la propria cultura aziendale ed il rapporto con i dipendenti, gli stakeholder e la realtà territoriale.
Secondo Schein, uno dei più riconosciuti studiosi del tema, la cultura organizzativa
è un insieme di assunti di base, valori e comportamenti messi in atto dall’organizzazione per risolvere problemi di integrazione al suo interno e di adattamento verso l’esterno, che si sono rivelati così funzionali da essere insegnati a chi entra nell’azienda come la modalità corretta di affrontare tali problemi.
In altre parole, si tratta di saper interpretare quello che succede intorno a noi e mettere in atto le azioni migliori per risolvere i problemi via via che si presentano.
Avere una cultura aziendale forte significa costruire un’azienda forte.
Durante la pandemia si è creato un chiaro confine tra chi ha prestato attenzione negli anni alla costruzione di una cultura aziendale orientata alla crescita e chi invece continua ad adottare un approccio “vecchia maniera”.
Le aziende più virtuose hanno saputo reagire prontamente adattandosi velocemente al nuovo contesto ambientale, prevedendo formazione tecnica e trasversale per i propri dipendenti, dotandoli di strumenti idonei per il lavoro da remoto, supportandoli nell’adattamento a questo nuovo modo di vivere l’azienda.
Il cambio di passo parte da lontano.
È necessario riflettere sul perché non siamo in grado di dare fiducia ai nostri dipendenti, perché ci sembra più confortante sapere che il nostro collaboratore è stato seduto alla scrivania per otto ore piuttosto che misurare periodicamente gli obiettivi che ha raggiunto.
Chiediamoci se siamo in grado di coinvolgere le persone che lavorano quotidianamente fianco a fianco con noi in modo che capiscano l’importanza e lo scopo del lavoro di ognuno, se lasciamo loro la possibilità di mettersi in gioco in prima persona, di proporre nuove idee e soluzioni, di avere degli obiettivi e percepire che con il lavoro, in collaborazione con gli altri, sono stati raggiunti importanti successi aziendali.
Non capire il valore delle proprie “risorse” umane, equivale ad ammettere di aver fatto investimenti sbagliati.
Ostinarsi a portare avanti una cultura organizzativa che non genera né profitto né benessere equivale ad aver fallito l’obiettivo di fare “impresa” nel senso più ampio e positivo del termine.
Nel prepararsi al dopo COVID gli imprenditori, oltre a preoccuparsi di fare investimenti che migliorino il rendimento produttivo aziendale, dovrebbero iniziare a formarsi e a formare i propri collaboratori piantando in azienda il seme di una cultura nuova che sappia risolvere i nuovi problemi e che permetta a ognuno di dare un maggiore contributo perché responsabile dell’organizzazione e dei risultati del proprio lavoro.
Un collaboratore così formato amerà la propria azienda e farà di tutto per vederla crescere in un clima sereno e proficuo per tutti.
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