Se sei arrivato fino a qui probabilmente ti interessa saperne di più sullo Smart Working e magari capire come implementarlo nella tua azienda: sei nel posto giusto!
In questo articolo spiegherò che cosa si intende con questa modalità di lavoro nella pratica, quali sono i riferimenti legislativi da tenere in considerazione e i benefici di applicarlo in azienda.
Continua a seguirmi: nei prossimi articoli spiegherò anche come ottenere finanziamenti e agevolazioni per applicare lo Smart Working.
Smart Working: cos’è
Il termine Smart Working è ormai entrato nell’immaginario comune: durante l’esperienza pandemica moltissimi lavoratori hanno avuto modo di testare le modalità di lavoro da remoto, ma questa esperienza può essere davvero considerata Smart Working?
Spoiler: la risposta è no.
La risposta è no perché sono mancati i requisiti essenziali dello Smart Working.
Primo tra tutti è mancato l’accordo individuale tra dipendente e datore di lavoro; la scelta non è stata volontaria ma obbligata anche dal contesto emergenziale; non è stata verificata la possibilità da parte del dipendente di disporre di adeguati spazi di lavoro e in molti casi non sono state previste adeguate strumentazioni tecnologiche.
Infine, ci si è buttati a capofitto nel lavoro da remoto senza preoccuparsi dell’adeguatezza dei propri modelli di organizzazione del lavoro e di monitoraggio dei risultati. Non ci si è occupati dell’adeguatezza delle competenze di gestione di leader e responsabili e di competenze di organizzazione del tempo e del lavoro da parte dei sottoposti.
Nonostante queste lacune, per molte persone questa modalità è stata un ottimo modo per aumentare il proprio equilibrio vita lavoro, tenendo un occhio anche sulla propria performance.
Si prevede che lo Smart Working sia qui per restare, perciò meglio correre ai ripari e capire come implementarlo correttamente per non perdere l’occasione di aumentare la competitività della propria azienda dando allo stesso tempo un grande benefit ai propri dipendenti.
Quindi cosa si intende con “Smart Working”?
Lo Smart Working, introdotto dalla Legge 81/2017, è
una modalità di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, caratterizzata dall’assenza di vincoli orari e spaziali e organizzata per fasi, cicli e obiettivi. L’attività lavorativa viene svolta tramite il possibile utilizzo di strumentazione tecnologica.
Una definizione breve ma densa di significati. Vediamola insieme.
Modalità di lavoro subordinato
Il lavoro da remoto può essere considerato Smart Working solo nel caso in cui il lavoro sia svolto come dipendente. Non tutte le mansioni possono essere svolte da remoto. È necessario valutare le diverse funzioni presenti all’interno dell’azienda e capire quali mansioni, con adeguati strumenti, possono essere portate a termine anche da remoto.
Accordo con il lavoratore
L’adesione a questa modalità deve essere volontaria. Infatti, è necessario stipulare un accordo individuale tra lavoratore e datore di lavoro. Al suo interno devono essere specificate le modalità, i diritti e i doveri del lavoratore.
Durante il periodo pandemico la procedura è stata semplificata e non è stato necessario stipulare alcun contratto (a mali estremi, estremi rimedi…). Per mettere in atto un vero Smart Working però, questo è uno dei punti cardine.
Secondo il D.Lgs. 81/2017, il trattamento retributivo e normativo del dipendente in Smart Working deve corrispondere a quello del dipendente in modalità “tradizionale”, inoltre il datore di lavoro può esercitare forme di controllo e direzione specifiche che devono essere indicate nell’accordo.
A completare l’accordo solitamente si fornisce un documento con le indicazioni relative alle politiche aziendali.
Insieme all’accordo con il dipendente il datore di lavoro deve redigere un documento di valutazione dei rischi (DVR) che prenda in considerazione i rischi specifici per il lavoro svolto in modalità Smart Working (è prevista anche tutela specifica da parte dell’INAIL, ma di questo si parlerà più avanti).
Assenza di vincoli orari
Lo Smart Worker non deve avere vincoli in relazione agli orari di lavoro, anche se può essere prevista una fascia di reperibilità del lavoratore e la sua partecipazione a riunioni e altri eventi con un orario preciso.
La cosa più importante è che il lavoratore abbia la libertà di organizzarsi la propria giornata di lavoro (voglio cominciare a lavorare alle 7.00 e finire alle 15.00? posso!). Deve poi essere rispettato il diritto alla disconnessione, NO chiamate alle 9.00 di sera perché “tanto sei in smart working….”.
Per poter rispettare questo punto è necessario che il team leader, il superiore o chiunque gestisca il lavoro abbia ben chiaro che non può controllare i propri dipendenti in ogni momento della giornata. Una delle basi dello Smart Working è proprio la fiducia tra capo e dipendente!
Quello che può (e deve) fare è supportare il dipendente e monitorare il raggiungimento degli obiettivi e l’andamento delle fasi e/o dei cicli.
Per poterlo fare è necessario avere un piano dei processi e un piano di monitoraggio degli obiettivi.
Assenza di vincoli spaziali
Il lavoratore, a differenza di quello che succede nel Telelavoro, può decidere autonomamente dove svolgere la propria attività, fatti salvi i casi in cui non sia possibile assicurare la riservatezza delle informazioni trattate.
Per uno Smart Working sano, lavorare perennemente da remoto potrebbe essere un problema. È consigliabile prevedere dei momenti di ritrovo sul luogo di lavoro e/o alcune giornate di lavoro in presenza.
Questo per non allontanare eccessivamente il lavoratore dalla struttura e dalla cultura organizzativa. Anche perché le relazioni sul posto di lavoro sono fondamentali ed uno dei fattori più importanti per prevenire lo stress e il calo di performance (!!!)
Organizzazione del lavoro per fasi, cicli e obiettivi
Lavorare da casa non basta.
Per introdurre lo Smart Working nella propria azienda è necessario anzitutto fare un’analisi di fattibilità per verificare se i propri processi interni sono adeguati. Ad esempio: ci sono delle procedure esplicite per svolgere il lavoro? È possibile scomporlo in fasi?
Per non trovarsi a fare il doppio lavoro a causa della perdita di performance dei propri dipendenti è importante prevedere a priori un piano dei processi.
Ciò significa valutare quali sono i compiti da portare a termine affinché il lavoro sia fatto bene e raggiunga l’obiettivo generale prefissato dall’azienda. È necessario individuare chi fa cosa, come lo fa, in che tempi, con quali strumenti.
Per partire è sufficiente anche un documento su PowerPoint dove creare l’organigramma della propria azienda e completarlo di tutti i compiti e le responsabilità di ogni singolo componente, unitamente ai sotto obiettivi da portare a termine da parte di ciascuno per contribuire al raggiungimento dell’obiettivo finale.
Il piano dei processi, per funzionare, deve essere anche corredato da un piano di monitoraggio della performance. Dopo aver analizzato tutte le mansioni e i sotto obiettivi da raggiungere, è necessario trovare degli indicatori (ad esempio il n° di utenti soddisfatti, il n° di contratti in fase di chiusura, il n° di specifiche operazioni portate a termine e così via) da misurare in uno specifico lasso di tempo per determinare la performance del singolo dipendente.
È compito del responsabile del gruppo di lavoro monitorare questi indicatori e prevedere colloqui singoli con i componenti del gruppo per discutere dei risultati.
Questi momenti di scambio sono importanti anche per verificare che il dipendente si senta a suo agio con il suo lavoro e non sia esposto a livelli di stress tali da diminuire la sua performance.
Utilizzo di strumentazione tecnologica
Il datore di lavoro dovrebbe dotare i propri dipendenti di strumenti adeguati a svolgere l’attività lavorativa.
È importante anche che l’azienda abbia un sistema cloud (spazio di archiviazione online) dove possano essere reperiti documenti utili al lavoro.
Ugualmente importante è prevedere sistemi di cyber sicurezza per i dati trattati fuori dal luogo di lavoro. È importante formare i dipendenti nell’utilizzo di questi sistemi per non rallentare l’attività lavorativa e per diminuire i rischi per la privacy e la sicurezza dei dati.
Smart Working: aspetti normativi
Cosa è necessario sapere in termini di normativa per poter applicare lo Smart Working?
Legge sul Lavoro Agile (L. 81/2017)
È la legge che norma lo Smart Working.
Al suo interno sono contenute tutte le informazioni di base che servono per cominciare a implementarlo. Parte di ciò che troverai te l’ho già spiegato nel paragrafo precedente.
Testo unico sulla Sicurezza (D.Lgs. 81/08)
È il decreto che norma gli obblighi relativi alla sicurezza nei luoghi di lavoro.
Il datore di lavoro ha l’obbligo di redigere il DVR (documento di valutazione dei rischi) non solo in base al lavoro tradizionale, ma anche in relazione al lavoro effettuato in modalità Smart Working.
Il lavoratore in Smart Working è tutelato in merito agli infortuni sul lavoro e le malattie professionali per la prestazione svolta all’esterno dei locali aziendali.
In merito all’effettiva responsabilità del datore di lavoro la Legge 81/17 rimane vaga, e per questo motivo l’INAIL ha pubblicato una Circolare (Circolare N. 48/2017) nella quale si propende per una piena responsabilità del datore di lavoro, anche in vista del medesimo trattamento che deve ricevere il lavoratore in Smart Working.
Si consiglia la lettura di tale circolare, nella quale sono contenute diverse indicazioni operative.
Decreto Legislativo 231 (D.Lgs. 231/2001)
Introduce in Italia il Sistema di Responsabilità Amministrativa dell’Ente.
Seppur non strettamente legato al tema dello Smart Working, è importante tenere in considerazione il tema del Modello 231 anche in termini di Smart Working.
Il cosiddetto “Modello 231” serve all’azienda per tutelarsi in sede giuridica nel caso in cui un dipendente compia un reato le cui conseguenze siano nell’interesse o a vantaggio dell’ente. Infatti, in questo caso in aprirà un duplice procedimento penale in capo alla persona e all’ente.
L’obiettivo della stesura del Modello è quello di esplicitare procedure e linee guida che individuino gli ambiti e le modalità di prevenzione di eventuali reati.
Le procedure adottate all’interno dell’azienda potrebbero andare modificandosi con il maggiore utilizzo di strumenti informatici e il lavoro svolto da remoto.
Perciò per le aziende che hanno già redatto tale modello potrebbe essere utile una revisione, mentre per tutte le aziende che ne sono sprovviste è consigliabile provvedere. Si ricorda che la stesura di tale modello NON è obbligatoria, ma fortemente consigliata.
GDPR (Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati – Regolamento UE 2016/679)
Per il lavoro da remoto assume particolare rilievo la riservatezza dei dati trattati. Ciò significa che il datore di lavoro, qualificabile come titolare del trattamento dei dati, deve fornire le informazioni e gli strumenti adeguati a trattare tali dati coerentemente con la loro tutela.
Ciò, in parole povere, significa in primo luogo prevedere sistemi informatici che siano funzionali alla salvaguardia della riservatezza dei dati (reti sicure, firewall, sistemi criptati..) e in secondo luogo istruire i propri dipendenti circa le modalità di utilizzo delle strumentazioni e di trattamento dei dati.
Smart Working: perché applicarlo in azienda
Obiettivi dello Smart Working
Lo Smart Working ha un duplice obiettivo.
Da un lato si propone di aumentare la performance, rivedendo i processi e la cultura aziendale, assegnando obiettivi S.M.A.R.T. e responsabilizzando la persona.
Dall’altro questa modalità si propone di dare un forte impulso all’equilibrio tra il lavoro e la vita privata, permettendo alla persona di organizzare la propria giornata in modo coerente con i propri tempi di vita, portando a dei benefici in termini di benessere che si ripercuotono positivamente sulla performance del singolo e del gruppo.
Efficacia dello Smart Working
Le evidenze scientifiche e le esperienze pre-pandemiche di molte aziende dimostrano l’efficacia effettiva di questa modalità.
I dati dimostrano infatti un aumento nella soddisfazione per l’organizzazione del lavoro, per le relazioni con colleghi e superiori e per la conciliazione tra il lavoro e il resto della vita. Si è rilevato anche un aumento di produttività, una diminuzione dell’assenteismo e dei costi di gestione degli spazi.
Inoltre, l’esperienza pandemica ci mostra dei dati che non ci saremmo mai aspettati.
Nel 2019, secondo una ricerca dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, gli Smart Workers italiani erano solo 570mila, tra le percentuali più basse in Europa.
A marzo 2020 il numero di lavoratori da remoto è aumentato esponenzialmente, sfiorando quota 6,6 milioni (2,1 milioni nelle grandi aziende, 1,1 milioni nelle Pmi, 1,5 milioni nelle microimprese e oltre 1,8 milioni nella PA).
A settembre 2020 le rilevazioni ci dicono che sono in 5 milioni a lavorare da casa.
Sempre secondo il Politecnico, sono il 78% i lavoratori europei che dichiarano di voler lavorare occasionalmente da remoto anche dopo la pandemia. Ci si attende che per lo Smart Working si utilizzeranno 2,7 giorni a settimana nelle grandi imprese e 1,4 nelle PA.
L’esperienza pandemica ha cambiato il nostro modo di approcciarci e percepire il lavoro: forse è ora che tutte le aziende comincino a pensare concretamente al cambiamento del proprio luogo di lavoro per non farsi trovare impreparate.
Lascio qui sotto alcuni ambiti da cui partire per implementare lo Smart Working.
Spero che questo articolo ti sia stato utile. Fammelo sapere nei commenti qui sotto!
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A presto!
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